giovedì 31 marzo 2011

Blessed Child Opera "Fifth"




Dopo una pausa di oltre due anni, che è servita a recuperare freschezza, urgenza espressiva e voglia di rimettersi in gioco, Paolo Messere rispolvera la sigla Blessed Child Opera e realizza con “Fifth” il suo lavoro più personale intimo e sentito. Un disco quasi solista, si direbbe, se ciò non facesse torto alle collaborazioni di Fabio Centurione (celli/violini), Luca Monaco e Vincenzo Bardaro (batteria), Pericle Odierna (kclarinetto), Antonio Sircana (piano/organio), Stefano Sotgiu (acustiche) e Valeria Sorce (voce), preziose nell’economia di un sound asciutto ma ricco di sfumature, e tuttavia tanto discrete e organiche a quel suono da scomparire quasi.
La scrittura dei BCO non è mai stata così lineare e fluida: in quasi dieci anni di carriera (sempre accompagnata dal favore della critica e dallo stupore di chi assiste ai loro live) non avevamo mai sentito gemme di nitida purezza acustica come “Lonely Friend” “Keep Me Tight” e “Between Us” né la scorrevolezza country-noir di “Falling” e “Reflection After Nothing”; così come mancava in repertorio una pop-song agrodolce come “Clear Sky Optimistic”. Tipicamente Blessed Child Opera sono poi l’iniziale “Nothing is In Place When It Should” e “Closed Doors”, immerse in un liquido chitarrismo di impronta shoegaze, e la centrale “Ruby Light”, in cui l’elettricità della sei corde di Messere si fonde alla perfezione con gli archi aerei e sognanti arrangiati da Centurione, regalando sensazioni di piacevole e malinconico abbandono. “Never Return on Your Steps” e “I Will Find” rappresentano l’aggancio col passato remoto dei BCO, con il loro incedere robusto e scuro, di chiara matrice eighties. E stupisce, in fondo al disco, la miscela di forma e dissonanza di “Promised Circle”, in cui voce chitarra e melodia si fanno strada, poco a poco, tra una selva di clarinetti impazziti…
“Fifth” è un disco solo all’apparenza semplice, da ascoltare e riascoltare con calma e curiosità per andare alla scoperta degli elementi nascosti o latenti che lo compongono e lo arricchiscono: piccoli scarti sonori, qualche “divertissement”, calibrati inserti elettronici, lievi tocchi di piano, archi e fiati che irrompono inattesi, raddoppi vocali. Ecco, la voce: è questo il collante magico che tiene insieme i brani e dà loro la giusta compattezza; una voce intensa, forte, ma anche dolce e sofferta, che dal vivo non manca di emozionare e rapire. Come sarà possibile constatare nel tour italiano che segue l’uscita del disco.

www.myspace.com/blessedchildopera